da Pavia In Tasca, dicembre 2008
di Luca Sforzini
CORVINO SAN QUIRICO – 1943 : una grande nube rossa all’orizzonte, in Oltrepo. Bombardano Milano. Sulla via Emilia è meglio non passare : mitragliano. Si respira la guerra ovunque.
Atanasio Soldati, caposcuola dell’Astrattismo geometrico italiano, artista già maturo ed affermato, è a Voghera, ospite di Luisa Pagano. Corvino San Quirico ospita invece un bambino di 9 anni, Mario Raciti, destinato a rivelarsi “uno dei più poetici interpreti dell’astrazione italiana” (Gualdoni).
Per quel bimbo Corvino è ancora un’eco d’infinito, lo stesso inesprimibile infinito che cerca di fermare sulla tela : “Ci son tornato da grande; i posti erano immensi, son diventati piccoli…”.
Racconta Raciti : “Mio padre era Cancelliere alla Pretura di Casteggio, faceva il pendolare da Milano; così fu naturale nel ’43 rifugiarci in zona, alla frazione Rivetta di Fumo. Si stava bene : pane bianco e carne, non mancava nulla tranne lo zucchero e il caffè, poca cosa… Le mie zie allevavano maiali e galline, io vendemmiavo, pestavo l’uva coi piedi nelle bigonce, rubavo le ciliegie…Andavo a scuola a Corvino coi pantaloncini corti anche d’inverno, le toppe sul sedere, le gambe livide : mi riscaldava solo l’amicizia di Angela, una ragazzina della Camarà, il posto dell’acqua solforosa”.
Ampi spazi di campagna, orizzonti irriducibili, sogni inespressi e luoghi inesplorati : un imprinting per Raciti, la precoce chiamata a una ricerca senza fine. C’è già il presentimento d’un rovello ancora attuale per lui : la rincorsa delle immagini lontane, delle “cose che escono dal quadro”. Nel suo studio di Milano è appesa una citazione dei “Sonetti a Orfeo” di Rilke : “Oh! Quanto deve dileguare perchè lo afferriate!”…
Oggi Mario Raciti è un pittore sublime. Artista ormai riconosciuto grande, consacrato da una personale alla Biennale di Venezia del 1986 e da innumerevoli Mostre nelle più prestigiose sedi pubbliche e private, italiane ed estere. Ma non ferma un istante la ricerca.
Alla porta d’una villa di Fumo, che ha vissuto quel ’43, c’è l’antica immagine d’una Madonna, composta da una dozzina di piastrelle in ceramica. Ne manca la metà, della Vergine stessa non restan che le mani ed il mantello : la s’intuisce solo. Eppure, la Madonna senza volto ha forza evocativa maggiore che se fosse completa : richiama l’incompiutezza del nostro lavoro, e l’eterna ricerca dell’ Uomo.
Ricorda i dipinti di Mario Raciti, che a modo suo è un mistico.
Forse gli occhi di quel bambino, nel ’43, si posarono sulla Madonna senza volto.